Un problema diventa un disturbo quando è invalidante, ovvero quando influenza negativamente l’adattamento generale della persona, pertanto aspetti fondamentali della vita: lavoro, relazioni, sesso, relazioni sentimentali, famiglia, sonno, alimentazione. In linea generale si interviene sul problema per ottenere dopo la sua soluzione un conseguente recupero dei principali aspetti di vita del paziente.
Ma, detto questo, il rapporto apparentemente così lineare, fra il problema e i suoi effetti sull’adattamento della persona, in realtà è molto più complesso.
Infatti in disturbi molto radicati e che durano da tanto tempo è possibile riscontare una relazione circolare fra questi due elementi.
Prendiamo il caso di un paziente che sviluppa in età preadolescenziale un severo disturbo ossessivo-compulsivo, che nel giro di qualche anno lo conduce ad un progressivo isolamento sociale: anche se l’intervento azzera completamente il disturbo, fino a che il paziente continuerà ad essere isolato avrà sempre bisogno delle sue ossessioni e compulsioni. Il disturbo pertanto acquisisce una funzione fondamentale: difende la persona dall’affrontare le normali difficoltà della vita, che proprio a causa dell’invalidazione indotta dal disturbo, è riuscita ad eludere fino a quel momento. Pensiamo ad un uomo di quarantacinque anni che a causa di un disturbo non è mai riuscito ad avere una relazione con una donna, la terapia ha azzerato il disturbo e questo si trova ad uscire con una persona: è molto probabile in questa situazione una ricaduta sintomatologica per evitare di affrontare questo evento, nei confronti del quale, proprio a causa del disturbo, non è riuscito a sviluppare, attraverso l’esperienza, le risorse necessarie.
La terapia strategica in queste situazioni più complesse, in cui il disturbo dura da tanto tempo ed ha impedito al paziente di sviluppare le abilità integranti, si compone di due fasi principali:
la prima corrisponde all’eliminazione del disturbo, la seconda corrisponde a guidare il paziente a sviluppare quelle risorse che non ha potuto acquisire proprio a causa del problema sofferto.
Se questa seconda fase, molto più lunga della prima, non viene eseguita il cambiamento raggiunto sarà effimero, proprio perché il paziente avrà bisogno del disturbo per non affrontare situazioni di vita verso le quali si sente totalmente impreparato.
E’ importante notare come il sintomo non viene considerato come l’effetto di qualcosa, per cui si deve agire sulla causa originaria per estinguerlo, ma ha una funzione, ovvero è “inserito” in un sistema interattivo circolare: la sintomatologia induce difficoltà di adattamento, la difficoltà di adattamento induce la sintomatologia.